Il coronavirus non fermerà il Festival di Napoli

di Vicky Paci

INTERVISTA SENZA VELI A MASSIMO ABBATE – ART DIRECTOR DELLA MANIFESTAZIONE CANORA – NEL GIORNO DEL SUO COMPLEANNO

Forse la musica non salvera’ il mondo ma sicuramente dona sempre serenita’: in questo momento di grande apprensione e, diciamolo, tanta confusione, e’ quello che ci vuole per curare il nostro spirito e sicuramente anche il corpo ne trarra’ giovamento. Oggi pensiamo di fare un regalo ai connazionali campani, e non solo, ospitando con immenso piacere un artista innamorato del Canada, il maestro Massimo Abbate, Presidente di ANIA – Associazione Nazionale Italiana Artisti, Art Director del Teatro Politeama di Napoli, Presidente e Direttore Artistico nonché creatore del rinnovato Festival di Napoli. Figlio di uno dei più grandi interpreti della canzone napoletana Mario Abbate, prematuramente scomparso nell’agosto del 1981, Massimo, regista, attore, cantante, musicista, autore (ha scritto per le voci piu’ importanti del pianeta canoro) è nato a Napoli il 6 novembre del 1959 ed ha iniziato la sua attività artistica a nove anni, in teatro nella compagnia del padre, non dimenticando che lo studio e’ la base di ogni buon artista, diplomandosi in pianoforte nel prestigioso Conservatorio S. Pietro a Maiella. Dialogando con Massimo Abbate abbiamo scoperto una persona che non conoscevamo, autentica, senza l’ipocrisia che spesso caratterizza la gente di spettacolo, un uomo fermo nei suoi principi, che ama la musica, la sua citta’ Napoli, il suo patrimonio culturale ed artistico: coraggioso in un mondo che ama i falsi miti e le apparenze, umile quel che serve anche se ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua carriera. Vi proponiamo l’intervista senza aggiungere null’altro perche’ tante parole sono inutili.

Buongiorno Maestro, e’ per noi un onore averLa ospite. Sappiamo che il Canada e’ stato il tuo primo amore: qui esiste una comunita’ italiana molto forte che gia’ apprezza la canzone napoletana ma cercheremo di far conoscere ancora meglio il Festival di Napoli e Lei che ne e’ (possiamo dirlo?) il papa’. Una chiacchierata virtuale purtroppo perche’ un oceano ci divide………..

“Meglio che niente. Tuttavia anche così, le distanze si sono accorciate e ogni mondo è paese. La tecnologia ci consente di essere vicini anche se lontani. Il Festival di Napoli, dopo la sua scomparsa nel 1971 era apparentemente finito. Io nel 2015 sono andato a cercarlo e l’ho trovato su in soffitta in un libro a tre volumi, la famosa e introvabile Enciclopedia della canzone napoletana del grande Ettore De Mura. Un lavoro immenso purtroppo non a portata di tutti. Quel libro era lì come un vecchio abbandonato che ho accolto con umana sensibilità, l’ho ripulito, curato nei minimi particolari e gli ho ridato luce. Ora nonostante i vecchi acciacchi, ferite e indifferenza, ha finalmente ripreso a camminare con dignità e gli starò vicino fino a quando non sarà in grado di correre. Conosco perfettamente il Canada, ci sono stato negli anni 80 e 90 a Toronto e a Montreal. Ho fatto concerti e serate nel buon nome di mio padre e della canzone napoletana. Ho portato persino una sceneggiata in qualità di regista, autore e primo attore. Una rivisitazione ironica che ebbe un grosso successo. Conservo con orgoglio tutti i ritagli del Corriere Canadese”.

Maestro, per la sua carriera artistica e’ stato facile o piu’ complicato essere figlio di Mario Abbate? “Una lama a doppio taglio. Da un lato aiuta ad inserirti nell’ambiente che conta, questo non posso nasconderlo, ma dall’altro, ti espone a un confronto impari e frustrante. Mio padre è stato un grande…unico… io sono solo un buon contadino dello spettacolo”.

E’ la posizione scomoda di molti figli d’arte che, a differenza di quello che pensa la gente, devono dimostrare di meritare e si trovano inconsapevolmente in competizione con i genitori famosi. Per Lei com’e’ stato? “Posso affermare con certezza che dopo la pausa sanremese in qualità di cantante nel 1979, partecipazione che mi ha consentito di venire appunto anche in Canada oltre che negli Stati Uniti, nonostante l’ottimo riscontro del pubblico ho preferito ritornare alla mia la carriera di attore, mio primo amore, che è stato e resta il teatro. Poi cinema, televisione e questo mi ha consentito di discostarmi da mio padre ritagliandomi uno spazio mio senza il peso del confronto. Diciamo che come cantante non c’è paragone ma come attore e regista forse sono più bravo io. Lui comunque è stato il mio primo maestro di recitazione”.

Quali insegnamenti Le ha lasciato suo padre oltre alle indiscutibili doti artistiche? “Le doti umane. Mio padre mi ha insegnato a comprendere la vita nei suoi aspetti più profondi. Non perdere mai la fede in Dio, mai la speranza e mai l’amore per i valori familiari e dell’amicizia”.

Oltre alla scuola del suo grande papa’, dalla sua biografia si legge che Lei ha preso parte al gruppo dei giovani talenti di Roberto Murolo, specializzandosi in testi e composizione risultando il migliore allievo. In cosa questa collaborazione l’ha arricchita? (artisticamente parlando, naturalmente). “Roberto era completamente diverso da mio padre. Mio padre un talento naturale, autentico… bello come il sole, mentre Roberto poco attraente puntava sulla sua capacità intellettuale. Colto, uno studioso scrupoloso, molto attento all’immagine della sua carriera, pragmatico incallito, calcolava persino i tempi di lavoro, mentre mio padre si perdeva in una creatività senza tempo capace di fare le 4 di notte senza stancarsi mai. Ecco da Roberto ho imparato a stare coi piedi per terra, da mio padre a volare in alto”.

Il Festival di Napoli che e’ ripreso nel 2015 e previsto per il prossimo dicembre in tre serate: quando tocchiamo l’argomento Massimo e’ un fiume in piena, d’altronde e’ la sua creatura artistica di cui va molto fiero. Festival di Napoli Lyric and New Generation: uno sprazzo di modernita’o dietro a questo titolo c’e’ di piu’? Ce ne parli…………. “C’è molto di più. Vede, io penso che la canzone napoletana abbia perso negli anni la sua credibilità, la sua autenticità, la sua ricchezza. Colpa di un sistema dove non esistono più direttori artistici che dettano punti di riferimento e linee guida adeguate alla grande bellezza e alla storia che ci ha resi famosi nel mondo, ma imprenditori (o prenditori) commerciali che anziché cercare davvero con onestà professionale dei veri talenti si trasformano in procacciatori di affari in cerca di “poveri merli” pronti a sborsare intere fortune pur di apparire e accaparrarsi spazi promozionali per diffondere le loro scialbe, antitetiche e insignificanti proposte. Il problema è che questi a furia di sentirli diventano famosi, ci rubano la scena e ci mal rappresentano. Colpa anche delle radio e di giornalisti compiacenti. Questo festival si onora di indicare tre tematiche fondamentali. Il genere identitario: il recupero, la reinvenzione e la valorizzazione della musica di tradizione popolare napoletana nonché la sua fusione con altri linguaggi musicali, incrementare il sapere su uno dei tratti caratterizzanti l’identità culturale del territorio napoletano, musica, usi, costumi e tradizioni, favorire il confronto e il dialogo fra i soggetti impegnati nella riscoperta ed elaborazione artistica del materiale identitario nonche’ favorire l’incontro ed il dialogo con realtà culturali diverse, garantire la valorizzazione dell’interesse delle giovani generazioni rispetto alle proprie radici per riscattare una regione troppo spesso bistrattata ma che ha da sempre offerto tanto in termini di cultura, arte, innovazione. La Contaminazione che esalta la musica come arte ed espressione artistica di un territorio con le sue tradizioni non solo canore ma di costumi, valori, entità. Un bagaglio culturale dove riconoscersi e di cui essere fieri, motivo per cui si intende veicolarlo in tutto il mondo. La reciprocità caratterizza la linea artistica scelta dal Festival che, pur accogliendo tutti i generi, privilegia principalmente quelli basati sulla creatività, sulla ricerca musicale che non contempli cambiamenti sostanziali, contaminazioni fuorvianti e slittamenti scellerati ma che, altresì, promuova la tradizionale canzone partenopea, trasferendone gli elementi più solari ed arcani all’interno di nuove prospettive musicali che questo Festival si onora di incoraggiare”

Tradizione ed innovazione, quindi…… “Il Festival di Napoli, pur rispettando tutte le diversità musicali, ha uno scopo ben preciso: intende ritrovare quei punti di riferimento e quelle unità consone allo stile e pregio che gli compete ovvero ciò che ci rese contaminatori di nuovi generi e non come accade oggi, dei copia e incolla contaminati. La formazione: ACADEMY “NAPLES IN THE WORD” sarà un centro attivo nel sostenere importanti esperienze socio-culturali volte a stimolare l’apprendimento della musica nei bambini, negli adolescenti e negli adulti e volto a favorire in maniera stabile la formazione musicale di base sul territorio partenopeo. Si intende offrire un percorso che garantisca le competenze necessarie per accedere ai corsi accademici previsti dalla legge di riforma degli studi musicali e istituire corsi pre-accademici in convenzione con i Conservatori statali. L’Academy oltre alla regolare e stabile attività di didattica musicale – che si avvale dell’opera di qualificati docenti che hanno all’attivo una consolidata esperienza pedagogica – intende promuovere e sostenere iniziative per bambini ed adolescenti che esercitino una funzione di stimolo e si rilevino importanti esperienze socio-culturali”.

Una domanda che non vorremmo porre ma purtroppo ancora necessaria in questo periodo: com’e’ organizzare un festival cosi’ importante in tempo di coronavirus? “Abbiamo i piani A, B e C. Il primo prevede un festival a tutti gli effetti reale con tanto di teatro orchestra, 10 nuovi talenti in gara per la New Generation, 10 cantanti lirici per riproporci i grandi classici del “Periodo d’oro” e molti ospiti internazionali provenienti da tutto il Mediterraneo. Ovviamente il tutto condito dalla presenza del pubblico come se il covid non esistesse. Il secondo un festival al 100% on line senza teatro, pubblico e orchestra ma con collegamenti esterni e una regia web. Il terzo sara’attuato solo se i primi due non si potranno realizzare. Il nostro asso nella manica. Non posso dare anticipazioni ma posso garantire che il festival avrà la sua edizione 2020 comunque”.

La musica napoletana, lo sappiamo, e’ antichissima, la piu’ conosciuta nel mondo e nel corso degli anni ha sviluppato diversi generi sempre al passo con i tempi ma quali sono le caratteristiche che avra’ nell’edizione 2020 per attirare le nuove generazioni? E soprattutto cosa si sta facendo perche’ questo accada? “Beh direi che non è proprio così. Vede purtroppo dai tempi di Indifferentemente, Tu si ‘na cosa grande e appunto dai gloriosi festival di Napoli non si registrano grandi realtà musicali internazionali apprezzabili. Nè la Neapolitan power (compreso Pino Daniele), né i Neomelodici ci hanno riportati nel mondo, ma si sono limitati ad espandersi nei confini nazionali i primi e addirittura nei confini vesuviani i secondi. Qualche eccezione c’è stata fortunatamente, ad esempio il grande regalo consegnato alla nostra storia dall’indimenticabile Lucio Dalla con la sua bellissima “Caruso” e quella chicca meravigliosa di “Ammore annascunnuto” di uno sconosciuto Mario Castiglia cantata magistralmente da Celin Dion. Ma la realtà ci dice che nel mondo si canta ancora e costantemente la nostra musica classica di fine ‘800 primi ‘900 interpretata da tutti i tenori del pianeta e da tutti i più grandi artisti internazionali in ogni dove. Da questo bisogna ripartire dalla nostra scala minore, da quella autenticità perduta pur contaminandola ma senza perderne il senso, l’anima. Purtroppo non si sta facendo nulla se non proporla in salsa rock, spagnola, brasilera, rap e trap tutte realtà da copia incolla. Noi ce la stiamo mettendo tutta, sappiamo che non sarà facile ma almeno apriamo le porte al talento, alla ricerca, alla bellezza. Ovunque nel mondo un artista può proporci anche una sola “bozza musicale” noi la valuteremo con la dovuta attenzione e professionalità. Mi avvalgo anche della preziosa collaborazione del maestro Lino Pariota un musicista capace di far ponte tra il classico e moderno. Siamo l’unico concorso al mondo dove non si paga nulla, neanche l’iscrizione”.

Quest’anno avete un progetto ambizioso quanto importante e cioe’ l’internazionalita’. Vuole illustrarlo ai nostri lettori? “Dopo aver avuto l’attenzione e partecipazione gratuita e spontanea nel 2017 da parte di Mogol presidente di Giuria, dell’Orchestra Sinfonica del Conservatorio San Pietro a Maiella nel 2018 e, nel 2019, la preziosa collaborazione del critico Dario Ascoli che ci ha permesso di formare una sezione di cantanti di formazione lirica provenienti da molti teatri San Carlo in testa per deliziarci con i grandi classici, collaborazioni a dir poco speciali e altisonanti, abbiamo avvertito l’esigenza d’internazionalizzare il nostro progetto e non solo per una giusta causa. Vede, su questo festival c’è un forte ostracismo da parte della stampa e delle radiotelevisioni locali che vanno per la maggiore, tutte realtà in conflitto d’interesse che non hanno alcuna intenzione di darci sostegno poiché hanno in proprio attività musicali sul territorio da loro dirette, gestite e prodotte e temono un totale probabile oscuramento da un brand così forte e così storicamente calzante come in effetti lo è il Festival di Napoli. Internazionalizzare il festival per noi significa ridare quel livello mondiale che alla canzone napoletana manca da tempo. Se non l’avessimo fatto neanche la sua intervista avrebbe mai avuto luogo. Lei non lo sa ma è un eroe, una perla rara per il solo fatto di averci dato spazio senza nulla in cambio come dovrebbe essere sempre una giusta informazione. Bypassare quell’ambiente che sa specchiarsi solo nel mare di Margellina (la maggior parte solo nell’ex lido Mappatella) e non negli oceani nel mondo e volare in alto con sana ambizione oltre le Alpi sempre più sanremesi dipendenti, può aprirci orizzonti inimaginabili. Tutti i nostri sacrifici non li facciamo per ambizioni personali, sia chiaro… ma per amore della nostra amata Napoli e del suo patrimonio artistico più caro: la Canzone. Per lei mollerei la direzione del festival seduta stante se al mio posto ci fosse però un organizzatore o direttore artistico di livello planetario e lo farei senza alcun tornaconto”.

Sappiamo che il festival vuole dare voce anche a nuovi talenti emergenti ed a tutti i generi musicali in linea con quella che e’ la natura della manifestazione e che il parterre dei cantanti famosi e’ formato da importanti nomi …………….vuole anticiparne qualcuno? “Non siamo il festival di Sanremo e non possiamo contare su 18 ml di euro tanti sono mediamente gestiti ogni anno dall’organizzazione ligure. Non possiamo permetterci i “grandi ospiti” quelli che si muovono solo per decine di migliaia di euro. La nostra ricchezza è nelle idee, nell’entusiasmo e nelle spontanee collaborazioni e disponibilità gratuita di artisti emergenti e famosi. Le porte sono aperte a chiunque voglia sostenerci ma non preghiamo davvero nessuno specie quelli che battono cassa e non il cuore. Quest’anno, covid permettendo, abbiamo preso contatti con tutti i popoli del mare per darci il loro assenso. Sarà la festa del Mediterraneo, una voce comune, un anima sola. E’ qui che c’è la storia. La vera musica… l’autenticità va riscoperta. Non mancherà la sezione lirica e i premi che saranno a loro assegnati. Ma la vera novità è la partecipazione di artisti provenienti da queste popolazioni bagnate dal Mediterraneo e non dei soliti strapagati personaggi d’oltreoceano”.

“Addo’tutto fernesce tutto accunmencia”, un messaggio di speranza ed amore per la vita: mai come quest’anno il suo pensiero e’ stato piu’ attuale. Cosa vuol dire ai nostri lettori expat e canadesi? “Che nulla può finire davvero perché tutto può ricominciare e questo vale per gli amori perduti, per gli affetti familiari trascurati, per gli amici dimenticati… per la vita, per quella normalità che a causa del corona virus sembra finita e che invece prima o poi dovrà tornare e ridarci quei contatti umani perduti… e questo vale per il Festival di Napoli che finito nel 1971 ha ripreso a vivere per ridare a Napoli la sua dignità di centro culturale della canzone, culla artistica del Mediterraneo, patrimonio storico di valore mondiale”.

AUGURI MASSIMO DA NOI E DA TUTTA LA COMUNITA’ ITALO CANADESE!

 

 

 

 

 

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